Cerco di darti la mia opinione in merito:
la premessa è che, nella vita, tutto si può fare. La questione è se ne vale la pena, in molti sensi. Anche in questo stesso topic si sono visti casi di persone che facevano il dottorato e sono andate a fare un LLM durante il secondo anno (se te lo permettono, potresti provare a farlo nel primo, nel terzo è escluso: avrai già abbastanza problemi con la tesi!). CI sono anche persone che sono tornate dagli States durante l'LLM per fare lo scritto dell'esame di avvocato e l'hanno passato.
I problemi, a mio modo di vedere, sono questi: il dottorato in Italia spesso non è un impegno terribilmente pressante, ma qualcosa devi comunque fare; la pratica forense prima era molto meno regolata, oggi ci sono adempimenti e regole che la rendono un proverbiale pain in the ass; fare il dottorato e la pratica insieme può essere dura se sei in uno studio che ha una determinata mole di lavoro: ti direi -- sebbene anche a questo possano citarsi eccezioni -- di cominciare a escludere dalla lista qualunque grossa firm milanese (CC, BEP, A&O...), ma anche tanti studi in città più piccole e con volumi di affari imparagonabili potrebbero non essere contenti di avere un praticante "a mezzo servizio". Se hai un parente (o soggetto fungibile) avvocato, il discorso cambia, ma devi vedere se preferisci fare la pratica nello studiolo tradizionale. Con il tuo curriculum non mi sembra peregrino pensare che tu possa (e, in una certa misura almeno, debba) puntare più in alto.
In tutto questo, dottorato + LLM + pratica è fattibile, ma a certe condizioni. Io, dal canto mio, posso solo dirti che finirò la pratica appena prima di partire per un master (sperando di esser presi!). Se la cosa sarà fattibile, tornerò anche a dare lo scritto, ma fondamentalmente per sport: il mio obiettivo è continuare dopo il master con un PhD all'estero, mentre l'avvocatura la tengo (per ora e con una certa dose di incoscienza) in considerazione a livello eventuale.